A sua immagine by Jérôme Ferrari

A sua immagine by Jérôme Ferrari

autore:Jérôme Ferrari [Ferrari, Jérôme]
La lingua: ita
Format: epub
editore: Edizioni e/o
pubblicato: 2020-02-27T23:00:00+00:00


Liberale dalle fauci del leone affinché non siano sprofondate nell’abisso e non precipitino nelle tenebre.

Alla fine della guerra si stabilisce a Belgrado. Il suo paese ha cambiato nome, come farà ancora a più riprese. Ormai è Pietro I, re dei serbi, dei croati e degli sloveni per grazia di Dio e volontà del popolo, a rilasciare un passaporto redatto in serbocroato e francese a M. Rista, trentaquattro anni, giornalista, altezza media, viso allungato, capelli castani, occhi azzurri, naso regolare, bocca e baffi regolari, che nel 1929 diventerà suddito di Alessandro I re di Jugoslavia. Lavora all’ufficio stampa del ministero degli Affari esteri prima di fondare la propria agenzia. Fotografa la famiglia reale, le principesse che giocano con le bambole, il delfino, il re Alessandro a cavallo nel chiaroscuro di un sottobosco. Si cimenta con il colore, con la vita in movimento nei parchi e nelle strade di Belgrado.

Nel 1930 assiste all’inaugurazione del monumento sulla base del quale è incisa la frase: Amiamo la Francia come essa ci ha amato.

Nel 1934, quando ormai ha capito che le parentesi non si chiudono mai, fotografa la visita di Göring a Belgrado. Continua tuttavia a scattare foto, dalla composizione impeccabile, della vita quotidiana e della felicità domestica. Ci vede forse qualcosa di diverso da una lunga sfilata di ombre e fantasmi? Comunque non vuole interessarsi a nient’altro. Non accompagna Alessandro in Francia. Non sente gli spari, i nitriti dei cavalli, le grida della folla sulla quale poliziotti in preda al panico scaricano le armi. Numerosi fotografi guardano il re, da lui tante volte ritratto, perdere sangue nell’automobile ufficiale ferma sulla Canebière, ma Rista M. non si trova fra loro.

Viene a sapere che in Spagna è scoppiata la guerra civile.

Un anno dopo, mentre sta seguendo le coppie a passeggio sulle rive della Sava, nel palazzo della Lubjanka un funzionario del NKVD3, che probabilmente non ha mai considerato la fotografia un’arte, fa sfilare quotidianamente davanti all’obiettivo gli uomini e le donne che sanno di essere destinati alla morte o alla deportazione in Kolyma. Archivia con cura i loro ritratti sui quali scrive nome, patronimico e cognome. Z. Aleksej Ivanovič, R. Anna Moiseevna, B. Evguenia Iouzefovna, V. Elizaveta Alekseevna, M. Osip Emil’evič, V. Vladimir Nilovič, hanno quaranta, sedici, venti o settantadue anni, sono poeti o analfabeti, carpentieri, operai, pensionate, preti ortodossi, traduttrici. Nei loro occhi si legge la rabbia, l’ironia, il terrore, la sfida, la prostrazione o lo stupore, ma importa poco la diversità delle reazioni individuali, perché svolgendo il suo noioso compito amministrativo il funzionario del NKVD, senza volerlo, rende tangibile la presenza della morte che è entrata in ognuno di loro e contro la quale non provano neppure a combattere. Affrontano tutti la stessa cosa, che non è né la macchina fotografica né il funzionario che la maneggia e che probabilmente subirà presto la stessa sorte, ma un viso indescrivibile i cui lineamenti mostruosi hanno già pietrificato il loro cuore. In quel silenzio di sasso è come se ripetessero tutti le stesse parole, parole che il piccolo Mark Salomonovič N.



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